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Domenica 31 luglio, I Solisti Aquilani e Nuova Compagnia di Canto Popolare con "Vox populi". Parco del Castello ore 21,00

29/07/2016

Omaggio a Napoli, alla sua musica e alle sue tradizioni con I Solisti Aquilani, che duetteranno con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, considerata da sempre la più prestigiosa formazione italiana di musica etnica del Mediterraneo. Il suo è un lavoro che parte da un’accurata ricerca delle nostre radici mediterranee, riscoprendo e rielaborando con grande classe i suoni più belli e originali di tammurriate, pizziche e villanelle del Sud d’Italia. Col passare degli anni la NCCP, grazie anche all’originalità dei suoi arrangiamenti, ha creato un suo vero e proprio stile, rielaborando brani della tradizione, ma anche componendo pezzi originali alla maniera popolaresca, riuscendo così in un’opera di attualizzazione della tradizione che lascia intatte sonorità e rigore nelle esecuzioni. E' quanto accade in questa nuova produzione dei Solisti Aquilani, ideata per I Cantieri dell’Immaginario, dove il gruppo di musica popolare incontra l'orchestra d'archi: una esperienza già messa in pratica dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare. E’ fuori dubbio che la musica popolare e quella classica si siano sempre influenzate, rincorse, fuse, intrecciate nel corso dei secoli e questo è avvenuto non solo a Napoli, (basti citare l’influenza che la musica popolare esercitò sui musicisti dell’opera buffa napoletana) ma in tutto il mondo (Bach, Mozart, Bartok, Stravinsky per citarne solo alcuni).Rispetto a questa "duttilità" della musica popolare così si esprime la N.C..C.P. "La musica popolare è stata fin dall’antichità un tentativo (attraverso il canto e attraverso dei rituali collettivi) di modificare la realtà. E’ stata cioè carmen. In latino carmen è in primo luogo formula magica, vaticinio, parola pronunciata ritmicamente e solennemente per influire sulla realtà. Carmen è un suono-azione, solo in seguito passò ad indicare il canto e la poesia. Carmen si collega ai verbi canere e cantare, ossia pronunciare l’incantesimo. Il nostro tentativo dunque è di ridare all’elemento sonoro il suo reale ruolo ed il suo primitivo e vero “senso” supportato stavolta non solo dagli strumenti della tradizione, ma anche da quelli dell’orchestra classica" La musica, dunque, vista come terreno di confine e di conseguente interscambio, luogo topico dell'ambiguità e u-topico del magico “secum ducere”.
Sicuramente all’interno di questa operazione vi sono dei “falsi” storici, perché una villanella o una moresca o una tammurriata non si sarebbero mai ascoltati con un insieme di archi… ma questa è l’ultima cosa che interessa a dei musicisti.

 

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