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Sanità e Dea di secondo livello: seduta congiunta dei consigli comunali di Teramo e L'Aquila; Biondi : "Abbiamo ottenuto un dato politico importante"

18/11/2019

Il Consiglio comunale si è riunito stamani, in seduta congiunta con il Consiglio comunale di Teramo, all'Aquila, nella sala "Sandro Spagnoli "del palazzo dell'Emiciclo, per discutere in ordine alla costituzione del Dea di secondo livello tra i presidi ospedalieri delle due città. Alla riunione sono intervenuti, tra gli altri, il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, il sindaco di Teramo Gianguido D’Alberto, i rispettivi presidenti dei Consigli comunali Roberto Tinari e Alberto Melarangelo, i direttori sanitari delle Asl Avezzano –Sulmona – L’Aquila Roberto Testa e di Teramo Maurizio Di Giosia e il rettore dell’Università dell’Aquila Edoardo Alesse.

“La seduta straordinaria di Consiglio comunale congiunto – ha dichiarato il presidente Roberto Tinari aprendo i lavori – ha come scopo principale quello di rappresentare le istanze dei due territori che chiedono il rispetto alla effettiva tutela del diritto alla salute e alle cure necessarie. L’articolo 32 della nostra Costituzione prefigura un servizio pubblico obbligatorio, prendendo le mosse dal principio di eguaglianza sostanziale di cui all’articolo 3, come secondo della stessa Costituzione, che impone alla Repubblica il compito di ‘rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione a tutti all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese’. L’articolo rappresenta quindi anche un precetto tipico della più ampia concezione interventista e sociale dello Stato contemporaneo, o meglio, la sua principale specificazione. Il Consiglio comunale di oggi, vista la complessità della materia e degli interessi trattati, si propone non di dare la soluzione ma di fornire autorevoli spunti di interesse e riflessione a chi è chiamato a decidere definitivamente su questo delicato argomento. Un dibattito aperto e condiviso che abbiamo organizzato nel luogo deputato a fare ciò”.

Al termine della discussione, cui sono intervenuti i consiglieri di entrambe le assise, è stato approvato all’unanimità un documento condiviso.

“Dalla documentazione in materia sanitaria regionale ad oggi resa pubblica, - recita il testo - emerge il rischio di un Abruzzo a due velocità dove, a fronte di scelte praticamente definite sul futuro delle politiche e dei presidi nelle province di Chieti e Pescara, in perfetta continuità con le decisioni del recente passato, risulta vaga, se non incerta, la direzione che si vuole percorrere per garantire ai cittadini delle province di Teramo e L’Aquila una sanità accessibile e di qualità, la cui centralità nella programmazione sanitaria regionale va decisamente riaffermata, anche in chiara discontinuità con il passato. L’Abruzzo occupa una superficie di 10.831 chilometri quadrati e il suo territorio ha caratteristiche prevalentemente montuose e collinari. La provincia dell’Aquila, 5.048 chilometri quadrati, e quella di Teramo, 1954 chilometri quadrati, rappresentano oltre il sessanta percento dell’estensione territoriale abruzzese. Al loro interno operano due aziende sanitarie, la Avezzano-Sulmona-L’Aquila e quella di Teramo che, pur nella complessità legata alle peculiarità orografiche e a sofferenze sul personale in servizio ormai diventate strutturali, garantiscono livelli assistenziali dignitosi ma che, soprattutto nelle zone più disagiate, è sempre più difficile riuscire a mantenere nel medio e, soprattutto, nel lungo periodo.  Le due aziende hanno il dovere di garantire le prestazioni afferenti ai tre livelli essenziali di assistenza in modo omogeneo su tutto il territorio aziendale  ad una popolazione, per la gran parte anziana, affetta da patologie croniche. La maggior parte della popolazione è collocata in area montana, geograficamente e metereologicamente disagiata con collegamenti di rete viaria complessi, soprattutto nel periodo invernale. È indubbio come il massiccio del Gran Sasso non possa rappresentare una divisione  tra le province di Teramo e di L’Aquila a fronte di una una rete infrastrutturale profondamente arretrata per quanto riguarda la viabilità interna locale, sviluppata quasi esclusivamente attraverso il trasporto su gomma, e con le recenti criticità legate al Traforo del Gran Sasso per la connessione tra le due province. In questo quadro si innestano le calamità naturali che negli ultimi anni hanno colpito il nostro territorio, dal sisma del 2009 all’emergenza neve del 2017, passando per il terremoto del 2016, durante le quali ognuno di noi ha avuto modo di constatare non solo l’importanza di avere presidi sanitari raggiungibili e pronti a gestire ogni tipo di emergenza, ma anche le difficoltà logistiche di comunicare e collegare un territorio così ampio e articolato. Una parziale mitigazione dell'attuale scenario arriverebbe dalla messa in campo di una serie di investimenti che possa dare luogo ad un miglioramento dello stato sopra rappresentato. Oltre alle questioni morfologiche dei territori in questione, non possono sottacersi ulteriori aspetti di natura organizzativa. Nonostante i  dati sulla mobilità attiva e passiva ci dicano che la maggior parte dei pazienti curati in Abruzzo da fuori regione provenga dal Lazio, i territori aquilani e teramani sono quelli che maggiormente scontano il ricorso alle cure verso ospedali extra regionali, in particolar modo verso quelli della Capitale e delle Marche. A ciò si aggiungano i preoccupanti dati forniti dall’Anaao Assomed, il sindacato dei medici e dei dirigenti sanitari, rilanciati dal Sole24Ore a marzo di quest’anno. Tra pensionamenti programmati e la cosiddetta quota 100, nel giro di pochi anni vi sarà una pesante carenza di medici specialisti in settori nevralgici, come la medicina d’urgenza, la pediatria, la medicina interna, anestesia o rianimazione. Dal 2025 vi sarà un deficit di migliaia di professionisti e in Abruzzo la situazione rischia di essere più grave che altrove per una serie di ragioni. Nella nostra regione, infatti, l’età media dei medici e del personale ospedaliero è tra le più alte in Italia ed è facilmente ipotizzabile un esodo che andrà necessariamente compensato con politiche lungimiranti e in grado di continuare a garantire l’erogazione di servizi di assistenza di qualità. Una situazione che si inserisce in un quadro già molto complesso. Rispetto ai tetti di spesa del 2004, la Regione Abruzzo, per esigenze correlate all’obbligo di rientro dal deficit sanitario, fino ad oggi ha compresso i costi per il personale, non impegnando i 40 milioni che aveva a disposizione. Eppure i numeri ci dicono che, al 31 dicembre 2018, il personale in servizio presso la Asl Avezzano-Sulmona-L’Aquila era di 3274 unità e 46 erano in itinere, mentre il piano di assunzioni per il triennio 2019-2021 prevede l’immissione di 519 lavoratori. Presso la Asl di Teramo al 31 dicembre 2018 il personale in servizio era di 3135 unità con 134 assunzioni in itinere, mentre il piano di assunzioni per il triennio 2019-2021 prevede l’immissione di 239 lavoratori. Le cifre sono ufficiali e riportate nelle delibere di Giunta numero 518 e 521 approvate dalla giunta abruzzese il 9 settembre 2019.Il sistema delle aree interne, inoltre, può contare su altre peculiarità dall’indiscusso valore, l’Università dell’Aquila con il corso di laurea in Medicina e, soprattutto, le sue scuole di specializzazione. Garantendo ai futuri medici la possibilità di poter proseguire il proprio percorso formativo e lavorativo in strutture di alto livello, sarà possibile arginare una “tempesta perfetta” che rischia di mettere in ginocchio la sanità nazionale e, ovviamente, quella regionale. Il riordino della rete ospedaliera, promosso nella passata legislatura dall’ex ministro Lorenzin con il decreto n.70 del 2015 avente ad oggetto: “Regolamento   recante   definizione   degli   standard   qualitativi,strutturali,  tecnologici  e  quantitativi  relativi   all'assistenza ospedaliera”, sta iniziando in questi mesi il proprio percorso di attuazione sui territori e quindi necessariamente interesserà anche la nostra Regione. Ad una lettura puntuale e letterale della normativa vigente, l’Abruzzo potrà avere non più di due Dea di II livello, poiché i parametri di cui si tiene conto sono relativi unicamente al bacino di utenza (compreso tra 600.000 e 1.200.000 abitanti) e al numero di accessi annui appropriati superiore a 70.000.  Tuttavia, a fronte di quanto sopra esposto, riteniamo doveroso che tutti gli attori istituzionali in campo si adoperino per richiedere/concedere una deroga alla stringente normativa vigente, al fine di continuare a perseguire in maniera equa ed appropriata i principi fissati dalla Costituzione in materia di diritto alla salute. Del resto è facilmente comprensibile come la fattispecie sopra rappresentata e relativa alle peculiarità del nostro territorio siano difficilmente riscontrabili a livello nazionale in altri territori. E’ necessario inoltre, che la Regione Abruzzo pronunci parole chiare sul futuro dei Presidi e Distretti ad oggi insistenti nei territori, frutto di un percorso di ascolto delle istituzioni, del mondo delle professioni e dell’associazionismo, al fine di soddisfare il bisogno di salute  dei cittadini utenti/pazienti. A fronte di quanto sopra esposto, riteniamo, pertanto, doveroso che tutti gli attori istituzionali in campo si muovano nella direzione di richiedere/concedere una deroga alla normativa vigente in tema di numero di Dea di II livello, al fine di continuare a perseguire i principi fissati in costituzione in materia di diritto alla salute e allo scopo di dare avvio a investimenti in materia di edilizia sanitaria e di assunzione di personale in territori che, trovandosi in condizioni difficilmente riscontrabili in ulteriori realtà italiane, oggi scontano tutte quelle difficoltà rappresentate in precedenza. A tal riguardo i Consigli comunali congiunti chiedono alla Regione l’elaborazione di una puntuale proposta sulla rete ospedaliera, corredata di tutta la necessaria documentazione tecnica a supporto, utile per coinvolgere e indirizzare il Ministero nella scelta della deroga in questione. Tale richiesta trova fondamento nel fatto che la mancanza di una proposta priva della necessaria documentazione tecnica a corredo, produrrebbe l’indesiderato effetto di inibire l’istruzione dell’istanza da parte dei competenti uffici ministeriali e, a discendere, il conseguente blocco degli investimenti regionali in materia sanitaria; investimenti che, di converso, appaiono quanto mai necessari sia per ciò che concerne l’edilizia sanitaria, sia per quanto riguarda lo sblocco delle assunzioni, già oggetto di finanziamento con i provvedimenti che si sono susseguiti nel recente passato. È evidente, quindi, che la ridefinizione della rete sanitaria deve passare da un piano strutturato senza il quale non è possibile dare seguito agli investimenti ad esso correlati, oramai indifferibili per le questioni sopra enunciate. A  tal proposito va altresì precisato che solo da un piano dettagliato possa rilevarsi una corretta architettura sanitaria tesa a dare risposte alle aree interne e a contrastare i fenomeni relativi alla mobilità passiva, particolarmente pesante – in termini di costi – nei territori aquilani e teramani. Qualora la proposta sopra indicata non trovasse riscontro le due municipalità sono concordi nelle mettere in campo soluzioni alternative ma altrettanto utili, quanto necessarie, al conseguimento di prestazioni sanitarie adeguate alle esigenze della popolazione.L’attivazione concreta di un percorso per la realizzazione di un Dea di secondo livello è propedeutica alla ottimizzazione di un sistema sanitario che deve considerare da una parte la riorganizzazione dei nosocomi sulla base dell’intensità di cura, dall’altra il potenziamento dell’assistenza territoriale. Il momento di raccordo strategico delle due aree funzionali non può che essere una rete di emergenza-urgenza efficiente ed efficace. L’Università, con il corso di laurea in Medicina e Chirurgia e gli altri numerosi corsi di area sanitaria, ha bisogno di un siffatto modello organizzativo per garantire la formazione in un’ottica moderna ed innovativa; analogamente le strutture sanitarie e territoriali debbono poter contare su una componente universitaria vocata al progresso tecnologico e metodologico per il tramite dell’attività di ricerca, capace di supportare il cambiamento indispensabile per la sostenibilità del sistema sanitario regionale. Ai fini dell’istituzione di un Dea funzionale di secondo livello, ritenuta necessaria opportuna e per le ragioni sopra esposte, occorrono un rafforzamento, potenziamento delle Scuole di Specializzazione e integrazione dei rapporti tra la sanità pubblica e il sistema universitario e lo sblocco degli atti aziendali per consentire lo svincolo delle risorse necessarie ad attuare i piani assunzionali necessari a coprire e soddisfare le esigenze delle aziende sanitarie aquilana e teramana. Sarebbe opportuno da parte della Regione Abruzzo la modifica ed eventuale integrazione della deliberazione di giunta regionale n. 295 del 2017 ad oggetto: “Decreto del Commissario ad Acta n.55/2016 del 10.06.2016 recante “Piano di riqualificazione del Servizio Sanitario Abruzzese 2016-2018” – Obiettivo 2 Intervento 2.1: costituzione della Commissione per lo studio di fattibilità per la realizzazione di un DEA di II livello tra il PO di L’Aquila e Teramo”, con l’obbiettivo di addivenire ad una proposta per lo stesso, che tenga conto delle criticità territoriali e che sia sostenibile sul piano della tutela alla salute, stabilendo il relativo cronoprogramma. I rappresentanti delle due assise civiche – conclude il testo -  impegnano, pertanto, i sindaci dell’Aquila e Teramo, Pierluigi Biondi e Gianguido D’Alberto, a sostenere le ragioni dei territori rappresentate in questo documento nelle sedi istituzionali competenti e nel confronto con la regione Abruzzo e con il Ministero della Sanità, ferme restando le determinazioni assunte, nell’esercizio delle proprie competenze, dai rispettivi Consigli comunali. I due Consigli si impegnano a successive riunioni congiunte, a margine di quelli che saranno gli impegni già programmati in sede regionale e governativa, al fine di seguire la realizzazione di un Piano regionale sanitario che veda protagonisti, con un’offerta sanitaria adeguata e moderna, i territori rappresentati dai due Consigli”.

“Il consiglio congiunto di oggi ci ha fornito un dato politico importante. Due territori, che complessivamente rappresentano circa il sessanta per cento dell’Abruzzo, concordemente, e superando campanilismi e appartenenze, chiedono che vengano garantiti e migliorati i servizi essenziali per le nostre aree interne. La sanità è una priorità per le nostre comunità che possono contare su eccellenze in grado di attrarre pazienti anche da fuori regione, soprattutto dal Lazio, nonostante la mobilità extraregionale sconti un passivo di 80 milioni. Oggi, solo nella sanità aquilana, si sconta una carenza di circa 700 unità lavorative a causa della forzata ‘cura dimagrante’ legata alle politiche attuate in passato per consentire il piano di rientro e superare il commissariamento, pensionamenti, quota cento e blocco del turnover. Venerdì ci sarà una riunione con l’assessore regionale alla Sanità, Nicoletta Verì, e i presidenti dei comitati ristretti dei sindaci per discutere della ridefinizione del sistema ospedaliero regionale. In quell’occasione ribadiremo la necessità di salvaguardare il diritto alla salute dei nostri concittadini”. Lo ha dichiarato oggi il sindaco dell'Aquila durante la riunione congiunta dei Consigli comunali dell'Aquila e di Teramo, che si è tenuta all'Emiciclo, sul tema della sanità.

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